Gli ungulati e i
carnivori
Uno degli aspetti più
vistosi della fauna è dato dai grandi mammiferi, in primo luogo gli erbivori
che, per la grande densità, sono di facile osservazione almeno in certi periodi
e in certi orari quando escono dal bosco per alimentarsi nei prati e nelle
radure. Sembra quasi incredibile pensare che quando l’area è stata sottratta
alla caccia, nel 1980, l’animale selvatico più grande che correva su questi
prati era la lepre. Oggi, sul far della sera a inizio estate, appostandosi al
margine dei prati di San Giovanni e Cassô è facile osservare decine di daini,
gruppi femmine con i piccoli dell’anno e , poco distanti, maschi dai grandi
palchi palmati seguiti dallo scudiero, un maschio più giovane dai palchi
fusiformi. Dai cespugli, furtive escono alcune grosse femmine di cinghiale,
seguite da frotte di piccoli nel loro mantello mimetico a righe. Un capriolo
maschio, nel fulvo mantello che spicca sul verde delle erbe nuove, pascola in
mezzo al prato, incurante del passaggio di una volpe e della baruffa tra due
tassi. Una scena che si ripete, ogni volta con qualche particolare differente,
ai visitatori che partecipano alle visite guidate notturne che si organizzano
da maggio ad agosto.
In ottobre sono i daini
a farla da padrone quando tutta la popolazione che occupa il territprio tra
Bporgo Val di Taro e Compiano converge sulla riserva per la riproduzione.
Maschi, femmine e giovani si accalcano nei lek, arene di bramito e di scontro
ben evidenti per il calpestio nei prati, e da ben prima dell’alba fino a quando
il sole è alto nel cielo i palanconi, maschi adulti dalle grandi pale,
“ruttano” rumorosamente per attrarre le femmine. Regolarmente tra i maschi più
intraprendenti scoppiano duelli, ed i cozzi delle pale riecheggiano nelle valli
addormentate ed immerse nelle brume mattutine.
Tutta questa ricchezza
di erbivori attira naturalmente il predatore principe dell’Appennino, il lupo,
di cui non è difficile trovare orme e tracce di predazione che, pur raramente,
è stato anche osservato.
Gli uccelli
Sono oltre 70 le specie che dal 1983 hanno
nidificato almeno una volta nel territorio della Riserva, di cui ben 7 di
rapaci notturni: poiana, sparviere, astore, lodolaio, gheppio, falco
pecchiaiolo e biancone, questi ultimi due specie di importanza comunitaria. Nei
mesi primaverili molti di questi uccelli marcano il territorio con evoluzioni
aeree: voli a festone, loop, applausi, volteggi, un comportamento vistoso e
caratterizzante la Riserva tanto da diventarne segno distintivo nel suo logo.
Altri uccelli
nidificanti ai Ghirardi sono specie di importanza comunitaria: la tottavilla,
una piccola allodola tipica delle radure boschive, qui presente con un numero
elevato di coppie, ben 24 contate nel 2014; il succiacapre, un notturno
cacciatore di falene che nidifica nei calanchi e nei terrazzi fluviali (8
coppie); l’averla piccola, un passeriforme cacciatore di grossi insetti e
lucertole che nidifica in siepi e cespuglieti, in grande calo a livello
continentale ma ancora comune in appennino, e presente con 13 coppie.
Ma la specie nidificante
più numerosa nel territorio della Riserva, più di specie comuni e diffuse
ovunque come capinera e fringuello, è un piccolo silvide che giunge ogni anno
dall’Africa per costruire il nido alla base di cerri e roverelle nei boschi luminosi
e caldi: il luì bianco. Questa specie, considerata rara a livello nazionale,
presenta densità elevatissime ed è stimato essere presente con almeno 75 coppie
negli anni favorevoli.
La fauna minore
50 specie di farfalle
diurne, 15 di libellule, 13 di cinipedi galligeni, un ragno-botola mediterraneo
del genere Nemesia, sono solo alcuni dei primi risultati delle ricerche sugli
invertebrati attivate di recente. Particolarmente interessante è la presenza di
numerose roverelle ultrasecolari, alcune delle quali schiantate al suolo e
lasciate indisturbate, che costituiscono un habitat ormai rarissimo per gli
insetti saproxilici, legati al legno morto o deperiente. Tra questi, due specie
di interesse comunitario, il cervo volante, le cui larve si sviluppano nel
corso di molti anni nel terreno sotto il legno di quercia marcescente, e il
cerambicide della quercia, legato invece agli alberi secolari ancora viventi.
Restando alle sole specie di importanza comunitaria, ricordiamo il tritone
crestato italiano, in grave calo numerico negli ultimi dieci anni, ma che la
recente costruzione di stagni artificiali ha favorito, con la nascita a
centinaia di nuovi esemplari; ed i pesci vairone e barbo canino, il primo molto
comune nel Rizzone, il secondo presente ma in pochissimi esemplari.
Très beau domaine !!!
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